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In futuro il Cloud Computing sarà sempre più presente fino al punto che non ce ne accorgeremo più

di Fabio Cecaro, Member of the BOD & co-founder EuroCloud Italia

 

Questo contenuto fa parte della rubrica TechnologyBIZ, l’appuntamento riservato all’ICT e all’Innovazione.
La terza edizione è in programma martedì 8 e mercoledì 9 novembre al Bagnoli Hub, via Diocleziano 341, Napoli.
Rivolto al mondo business, TechnologyBIZ risponde alla forte domanda di innovazione attraverso ICT complessa che arriva dalle imprese pubbliche e private del Mezzogiorno.

Ormai tutti hanno sentito parlare di Cloud Computing, ma quanti sanno cos’è? Quanti saprebbero enunciarne una definizione ufficiale, quanti saprebbero distinguere tra ciò che è Cloud e ciò che non lo è?

Ma soprattutto quanti sanno approfittare dei reali vantaggi del Cloud Computing risultando cosi competitivi?

 

Iniziamo con alcune premesse:

  • mi piace considerare la storia dell’informatica con un percorso ciclico che si ripete, che va dalla  centralizzazione alla decentralizzazione per poi tornare a ricentralizzarsi, il tutto condito dall’aumento della banda e della potenza delle CPU. Con il Cloud Computing siamo alla 3° rivoluzione informatica (1° Personal Computer, 2° Internet, 3° virtualizzazione e Cloud Computing), forzando insieme virtualizzazione e Cloud in quanto molto legate e molto vicine in termini di tempo.
  • Il primo ad accennare al Cloud Computing fu Zio John McCarthy padre dell’ intelligenza artificiale, nel 1961 al centenario del MIT, disse che il metodo time-sharing potrà condurre ad un futuro dove la potenza dei calcolatori e delle applicazioni potranno essere vendute secondo il modello economico della utilità, come per l’acqua e l’elettricità
  • Il termine Cloud Computing inizia a farsi strada in rete dalla fine del 2007 e i primi embrioni di definizione del NIST sono degli inizi del 2008

Il proliferare in rete di definizioni, mi ha convinto di una cosa, il Cloud Computing è visto dagli utenti in modo molto differente a seconda del proprio background informatico. E questa differenziazione combacia con i tre modelli di servizio ormai a tutti noti, (noti quasi sempre solo come sigla), IaaS, PaaS, SaaS. Maggiore è la profondità delle conoscenze informatiche e maggiore è l’identificazione del Cloud Computing con il relativo modello di servizio.

  • Sistemisti ed “Hardweristi” sono molto Infrastructure as a Services (es.tutti coloro che hanno vissuto la virtualizzazione)
  • Sviluppatori e programmatori sono più Platform as a Services (esempio quelli abituati all’hosting classico)
  • I commerciali, i comunicatori, gli uomini di marketing, i dirigenti d’azienda, e la maggior parte di tutte le altre figure che si affacciano ad internet si limitano a vedere il Cloud come Software as a Services.

Ovviamente la mia è una provocatoria generalizzazione, ma provate a farvi fare un esempio di piattaforme cloud da vari e differenti interlocutori, la maggior parte citerà una SaaS (esempio Gmail – già presente prima del conio di questo termine, tra l’altro).

Non è un caso che proprio il SaaS è quell’area di maggior diffusione e sviluppo del Cloud Computing, ma è anche quell’area dove è più facile trovare dei rebranding di prodotto per rilanciarne le vendite.

Ma le aree che maggiormente introducono innovazione elasticità e vantaggi competitivi sono le altre due IaaS e PaaS.

Fatta questa breve provocazione, diamo una veloce, ma incompleta definizione:

Il Cloud Computing è un modello comodo per attivare in maniera on-demand, attraverso la rete, risorse computazionali configurabili, che possono essere rapidamente richieste e rilasciate con il minimo sforzo ed in maniera self-service. Questo modello promuove affidabilità ed è composto da 5 essenziali caratteristiche, 3 modelli di servizio e 4 modelli di implementazione.

Modelli di Servizio: IaaS, PaaS, SaaS

Modelli di Implementazione: Private Cloud, Public Cloud, Community Cloud, Hybrid Cloud

Caratteristiche essenziali: On-demand self service, broad network access, resource pooling, rapid elasticity, measured service

Vantaggi

Il Cloud Computing,  è democratico, vediamo perché:

  • No CapEx. Uno dei primi vantaggi è che non richiede investimento iniziale. Possiamo usufruire di enormi potenze di calcolo, cosi come le grandi aziende possono permettersi di fare, senza dover investire e senza dover sottoscrivere giganteschi contratti di leasing. Possiamo configurare enormi datacenter complessi ed usarli per poche ore, e pagare meno di una minuscola risorsa computazionale usata per un anno. L’esempio che spesso faccio alle conferenze è il progetto TimesMachine del New York Times, che usò 100 server virtuali per processare 4 TeraBytes di immagini TIFF in 1.1 milioni di PDF nello spazio temporale di 24 ore pagando 240 dollari. Questo consenti’ di pubblicare online i vecchi numeri del giornale dal 1851 al 1922 che erano scansiti in quelle immagini TIFF. Immaginate il vantaggio per il tessuto imprenditoriale italiano composto da Micro e Piccole Imprese con budget molto limitati.
  • Proof of Concept. L’elasticità e la rapidità consentono di creare e testare un nuovo prototipo velocemente a costi bassissimi e consente di portarlo in produzione, cioè pubblicarlo in tempi brevissimi .
  • Faster Time to Market. Questo vantaggio legato al precedente premia la creatività in tempi brevi ed a costi molto contenuti. (“L’innovazione non ha nulla a che vedere con il budget di ricerca e sviluppo a disposizione – Steve Jobs”)
  • Pay as you go. Come si è ormai compreso, il Cloud Computing si basa sul modello a consumo e questo ne è il più grande vantaggio. Accendo e pago, spengo e non pago, riaccendo e ripago. Inoltre pago per quante risorse nel tempo utilizzo e qui il prossimo vantaggio..
  • Rapid & Elastic Provisioning. Posso richiedere ed usare, aspettando lo stesso tempo sia 1 unità che 100 o 10000 unità computazionali, l’attivazione non è sequenziale ma parallela. Ovviamente dipende dalla infrastruttura a cui sto richiedendo le risorse, se sto usando una Cloud Pubblica di quelle più grosse e distribuite nel mondo, non ho praticamente limiti, invece se sto usando una Cloud Privata del datacenter della mia azienda, dipende da quanto grosso è il datacenter, quanti server, quanti cloud controller, quante risorse libere etc.
  • No Infrastructure limits. Vedi sopra.
  • Measure services. Il Cloud Computing basandosi sul modello a consumo, ci dovrebbe dire istantaneamente quanto stiamo consumando.
  • High Automation. Il Cloud Computing dovendo essere self service e siccome deriva dalla virtualizzazione, risponde a comandi che possiamo inviare via script, cioè possiamo programmare le nostre richieste di potenza, come i casi di autoscalabilità, dove la potenza richiesta segue, a seconda del corretto uso, il sovraccarico o meno dei sistemi. Per le imprese questo è reagire velocemente al mercato ed essere più competitive.
  • Mobilità. Le famose interfacce di programmazione ci consentono di costruire interfacce di gestione o di monitoraggio in mobilità. Allo stesso modo molte applicazioni di SaaS sono orientate al mondo mobile, in generale possiamo considerare il Cloud Computing esposto ad internet e non chiuso in reti proprietarie, perché si appoggia ad internet e ne sfrutta i protocolli.
  • Energize your Business. In generale dell’ ICT non si considera la parte sommersa dell’iceberg, se non quando avviene il disastro. Un datacenter, come il singolo server, oltre al costo delle macchine porta con se altri costi, quali l’energia elettrica, la manutenzione del sistema e del software, le politiche di backup e di disaster recovery, tutto questo è la parte nascosta dell’iceberg e portato in una Cloud Pubblica, libera risorse all’azienda che può destinare al core business.

Un bell’esempio di applicazione SaaS che usa 12000 server virtuali per gestire 230 milioni di clienti con un revenue di 150 milioni di dollari (Farmville di Zynga)

Analisi e dati

Purtroppo sui dati c’è ancor più confusione che sulle definizioni, e credo che il problema stia proprio nel non aver capito la definizione, per intenderci se l’intervistatore non conosce bene il Cloud e l’intervistato altrettanto, ovvio che i dati sono sfalsati.

Es. io potrei dire che sto spendendo x dollari l’anno per tenere i miei dati in cloud, mentre li ho solo depositati in un server in un datacenter esterno al mio ufficio. Oppure dico che sto erogando un servizio on the Cloud, mentre ho solo messo online un nuovo sito con un servizio che magari è installato su un server fisico in housing presso un colocation provider.

NextValue pubblica dei dati del 2010 dicendo che in Italia la spesa è stata di 280 milioni di euro e che nel 2013 sarà di 660 milioni, come modelli di riferimento l’Italia si distinguerebbe dal resto d’Europa cosi:

Italia Europa
51% ibrido 17% ibrido
31% privato 28% privato
5% pubblico 55% pubblico

 

EMC ed il Centre for Economics and Business Research di Londra invece comunicano (Cloud Dividend Report 2011) i benefici stimati fino al 2015, calcolati in base a vantaggi competitivi, sviluppo opportunità e creazione nuovi business, risparmi di costi in capitali, costo lavoro energia elettrica e raffreddamento :

France € 37.4 billion
Germany € 49.6 billion
Italy € 35.1 billion
Spain € 25.2 billion
UK € 30.0 billion

 

Recentemente molti articoli (tra cui anche il Sole24ore) hanno preso spunto dal Cloud Dividend Report 2011 estraendone le stime occupazionali o di ripresa dell’economia europea. Il Cloud Computing porterà ben 2.4 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2015, in tutti i settori (retail, hospitality, bancari, finanziari, PA, education, sanità, industria e manifatturiero)

Secondo Symantec nel sondaggio Virtualization and Evolution to the Cloud Surveydi quest’anno, basato su un campione di 3700 aziende di 35 Paesi, spicca che le PMI italiane sono le più aperte alla virtualizzazione server ed il 54% ha già avviato il processo (la media globale è 45%). Il 48% ha adottato Cloud ibride/private (35% il dato globale)

Sicurezza e privacy dei dati

Voglio aprire e chiudere velocemente questo capitolo, perché è il problema più sentito e sotto certi aspetti è reale. Innanzitutto precisiamo che per sicurezza intendiamo le strategie intraprese per evitare di perdere i dati e per privacy la garanzia che nessuno possa leggere i miei dati oltre me. Questi problemi sono sempre esistiti in qualsiasi contratto di outsourcing di infrastrutture informatiche e devono essere chiariti da opportuni contratti con relativi SLA e penali. Fin qui nulla di nuovo, se non il fatto che magari ci troviamo davanti un provider multinazionale con una infinità di datacenter e degli approcci molto ben consolidati relativamente alla gestione dei datacenter. Sulla privacy ci tengo ad aggiungere che la stessa Microsoft ha dichiarato che la normativa vigente sia nazionale che internazionale è molto carente e vecchia e la Microsoft  stessa è promotrice presso i governi (in special modo quello usa) per aggiornamenti. Recentemente ha dichiarato che il famoso Patrioct Act consentirebbe al governo usa di poter spulciare dati anche nei datacenter in europa. Il problema non si porrebbe visto che abbiamo la possibilità di criptare i nostri dati in totale libertà, l’importante è saperlo.

Futuro del Cloud

Nel prossimo futuro il Cloud Computing sarà sempre più presente fino al punto che non ce ne accorgeremo più. Perché è capace di efficientare i datacenter, la virtualizzazione è ormai presente nativamente in tutti i server, gli hosting provider migreranno verso un modello di gestione virtualizzata elastica ed efficiente e sempre più self service per l’utente finale. Gli studi sulla fattibilità dell’ interoperabilità tra i cloud provider sono sempre più definitivi, la banda necessaria alle migrazioni di applicazioni complete tra cloud provider è sempre meno un collo di bottiglia, gli standard delle API e dei formati ormai sono consolidati e documentati. Insomma a breve gli articolisti e giornalisti sensazionalistici non si stupiranno più di Apple che apre l’ennesimo servizio di Storage Cloud.

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