venerdì, Aprile 26, 2024

Il problema allo Storage di Tophost e le azioni legali

Federico Lagni
Federico Lagnihttps://www.areanetworking.it
Appassionato di innovazione in tutte le sue forme, è fondatore e CEO di AreaNetworking.it, uno dei maggiori punti di riferimento online del settore ICT. E' anche fondatore ed Event Director di alcune importanti conferenze, come Crypto Coinference, la più importante conferenza dedicata alle criptovalute e la blockchain, e il GDPR Day, una conferenza molto verticale dedicata appunto al GDPR ed alla Data Protection. Inoltre, è fondatore e Presidente di Tesla Club Italy, il primo club Tesla italiano e tra i primissimi al mondo. Al tempo stesso, è anche fondatore e CEO di Enerev, la prima azienda italiana specializzata nel noleggio a breve termine di auto Tesla, nonché società di formazione e di riferimento per diverse soluzioni dedicate alla mobilità elettrica. Partecipa ad eventi e conferenze come speaker e formatore.

ANW: Buongiorno Andrea e grazie per la disponibilità nel rispondere ai nostri quesiti.
Avv. AB: Grazie a voi per avermi coinvolto.

ANW: Come sai, Tophost ha avuto gravi problemi tecnici su parte della propria infrastruttura, in particolare gli storage ospitanti migliaia e migliaia di database MySQL: ciò che più sta a cuore agli utenti. Una prima domanda: low-cost significa anche avere meno garanzie o, come lo stesso termine dice, significa solamente usufruire di un servizio la cui unica differenza dagli altri è solo il minor costo?
Avv. AB: Sotto l’aspetto legale il problema non andrebbe posto in tali termini, poiché in questi casi l’azienda non può limitare la propria responsabilità adducendo un prezzo particolarmente basso. Poiché il servizio è di memorizzazione ed hosting di dati, la prestazione essenziale è proprio quella della custodia e/o deposito dei dati; al riguardo è da notare che la limitazione pur espressa nelle condizioni generali di contratto potrebbe essere non legalmente efficace. Nel caso in esame, infatti, alcuni clienti sono per la legge (d. lgs. 206/2005, cd. Codice del Consumo) considerati “consumatori” (quelli che hanno stipulato il contratto per un uso personale e senza partita i.v.a.) ed in quanto tali hanno diritto a contestare clausole, come quella di limitazione della responsabilità, vessatorie. In parole povere nei confronti del consumatore le limitazioni di garanzia di Tophost non sono efficaci. Nell’ipotesi di professionisti, d’altronde, una tale clausola andava approvata per iscritto e separatamente dalle altre; diversamente è inefficace.

ANW: Perchè è inefficace se inclusa assieme ad altre clausole? Non è comunque una clausola pur sempre accettata dal cliente (anche nel caso di professionisti ed aziende)?
Avv. AB: Le clausole vessatorie (che sono quelle elencate nell’art. 1341, tra cui quelle che limitano la responsabilità) debbono essere approvate specificamente, cioè non insieme a tutte le altre con un’unica firma.
Occorrono cioè due firme: una per le clausole “normali” ed una seconda firma posta sotto ad una frase in cui risultano citate proprio le clausole vessatorie: tale seconda firma serve per far meglio rendere conto il cliente del fatto che ci sono clausole a suo sfavore ed a favore del fornitore.

Se manca questa seconda firma separata le clausole non sono efficaci: bisognerebbe quindi verificare che si sia in presenza di un contratto scritto (o telematico… anche se si discute) in cui tale separazione tra clausole normali e vessatorie sussista.

ANW: La grossa differenza nel caso di Tophost a differenza di altri Hosting Provider è la mancanza di backup. In particolare, Tophost nella pagina di descrizione del prodotto in questione (denominato TopWeb) aveva elencato anche il Backup anche se, sempre da quanto detto dalla stessa, esso è riservato ad uso interno e quindi, a quanto pare, non utilizzabile per il ripristino dei dati. Può essere considerata pubblicità ingannevole questa?
Avv. AB: Questo è un problema che non riguarda il risarcimento dei danni e la perdita dei dati; potrebbe tuttavia essere un aspetto da tutelare nelle sedi a ciò deputate, come l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (www.agcm.it) che sanziona proprio la pubblicità ingannevole.

ANW: Cosa possono fare gli utenti che si sentono “ingannati” dalla presenza della voce Backup nell’elenco delle caratteristiche del pacchetto (nonostante, precisiamo, Tophost in altre pagine del loro sito scriva e sottolinei che quel Backup è ad uso interno)?
Avv. AB: Debbo chiarire un punto: se il cliente si sente “ingannato” avrebbe diritto a chiedere l’annullamento del contratto; in realtà, però, c’è un’altra questione, ossia quella del risarcimento dei danni patiti in esecuzione (cattiva) di un contratto valido. Sotto tale aspetto il backup non rileva come scusante per Tophost: la sua prestazione principale è proprio quella della disponibilità dei dati: a ben leggere la condizioni generali, infatti, ciò che viene escluso è l’integrità dei dati, ma nulla viene detto circa la disponibilità. Sarebbe quindi tollerabile una perdita di dati, poiché, non ne è garantita l’integrità, ma la perdita del 100% dei dati, come è accaduto a qualcuno, non può essere tollerata: altrimenti per cosa avrebbe pagato il cliente? Anche se volessimo utilizzare gli schemi della “locazione” di spazio, è evidente che il locatore deve mettere a disposizione locali idonei, altrimenti è inadempiente. Come giustamente ha rilevato qualcuno nei commenti, se il parcheggio crolla e la mia macchina viene distrutta, il proprietario del parcheggio è responsabile anche se il parcheggio era incustodito (o si pagava poco).

ANW: Come è visto dal punto di viste legale la perdita dei dati in questi casi? L’Hosting Provider se lo può permettere?
Avv. AB: La legge non disciplina direttamente i contratti con gli IHP (Internet Hosting Provider). Il d. lgs. 70/2003 infatti si occupa solo di alcuni aspetti, ma non della responsabilità nei confronti del cliente. Il codice civile d’altronde è troppo “vecchio” anche se, in dottrina, si ritiene applicabile lo schema legale della locazione, come ho detto. Direi quindi che la perdita totale dei dati non può essere ammessa. Un conto è perdere i dati immessi tra un backup e l’altro, un conto è sostenere che non si sia responsabile di nulla. Verrebbe meno al cd. causa del contratto, ossia il “motivo” per cui il cliente paga l’IHP.

ANW: Il cliente è tenuto a occuparsi periodicamente del loro salvataggio?
Avv. AB: Sarebbe buona norma, ma non per sopperire all’inadempimento dell’hosting provider. I problema è, infatti, quello della colpa di Tophost; se potesse dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ma che ciò nonostante esso si è verificato ugualmente, potrebbe andare esente da colpe.

Il fatto è che dovrebbe trattarsi di un evento eccezionale e non prevedibile. Su questo punto non sono a conoscenza delle cause specifiche e questo è un punto centrale: se la causa fosse una repentina caduta di tensione di alimentazione, ciò non scuserebbe Tophost, poiché è noto che i balck-out si possono verificare (specie d’estate); se invece fosse caduto un aereo sulla web-farm sarebbe diverso poiché si tratterebbe di un evento non prevedibile e al riguardo non sarebbe sensato richiedere che qualsiasi server fosse custodito in un bunker anti-aereo.

Aggiungo che, magari, il mancato back-up da parte del cliente potrebbe aver contribuito ad aggravare il danno e quindi, ex art. 1227 c.c., potrebbe dar luogo a un concorso di colpa.

ANW: Alcuni clienti, nella stessa pagina Facebook di Tophost, hanno minacciato una class action legale nei confronti del provider. In cosa consiste questo e quali sono solitamente i vantaggi nell’intraprendere una azione di questo tipo?
Avv. AB: La class action sarebbe possibile solo per coloro che possono essere considerati consumatori (nel senso illustrato). Il vantaggio è legato al fatto che è sufficiente l’azione proposta da uno solo dei clienti-consumatori perché tutti gli altri che appartengono alla stessa classe (ossia nella stessa situazione di consumatori di Tophost con un numero simile di domini, DB, dati etc..) ne possano beneficiare. Il giudice potrebbe infatti stabilire un risarcimento equitativo che poi spetterebbe automaticamente ad ognuno dei danneggiati. Una volta introdotta (ed autorizzata dal giudice) da uno solo, tutti gli altri possono aderire senza necessità di rivolgersi ad un avvocato per fare causa autonomamente, beneficiando ugualmente del risarcimento eventualmente stabilito.

Lo svantaggio è che il soggetto che agisce deve anticipare le spese e dimostrare di poter sostenere anche quei costi per la pubblicità dell’azione che il giudice riterrà opportuno: ciò non toglie che, in base ad un accordo privato, le eventuali spese vengano anticipate da più soggetti anche se ad agire è uno solo… Se le spese di pubblicità magari su riviste web o cartacee disposte dal giudice al fine di dare massima conoscenza della class action dovessero ammontare a qualche migliaio di euro, il problema potrebbe esse risolto appunto con una condivisione tra alcuni interessati.

ANW: Concludendo, quindi, cosa possono fare di concreto i clienti che hanno perso i loro dati?
Avv. AB: Sarebbe preferibile consorziarsi – in ogni caso – e soprattutto in questo l’unione fa la forza – e scrivere immediatamente una lettera di diffida, anche al fine di tentare una possibile definizione transattiva. Se Tophost valutasse bene i pro e i contro, potrebbe avere interesse ad una definizione stragiudiziale (ossia con un accordo, una specie di patteggiamento… senza giudici) magari con una clausola di riservatezza che mantenesse segreti i termini del risarcimento riconosciuto, al fine di evitare appunto la class action. I danneggiati, d’altronde, potrebbero avere un risarcimento in tempi brevi, invece che in anni… E, in ogni caso, le spese legali sarebbero assai inferiori a quelle del processo.

Ove questa procedura di mediazione – regolamentata oggi dal d. lgs. 28/2010 – non riuscisse, si potrebbe sempre proporre la class action o delle singole azioni in tribunale.

Ringraziamo molto l’avvocato Andrea Buti per i chiarimenti e le informazioni fornite.

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